I PFAS, ovvero sostanze perfluoroalchiliche, sono composti chimici particolari che risultano utili in campo industriale per una grande varietà di applicazioni. I PFAS sono catene alchiliche idrofobiche fluorurate, ossia acidi molto forti usati in forma liquida. Grazie alla loro stabilità termica e chimica PFOA (acido perfluoroottanoico) e PFOS (perfluoroottansolfonico) sono molto stabili nell’ambiente e resistenti ai classici processi di degradazione, riuscendo a resistere nel suolo, nell’aria e nell’acqua per anni. Il vento riesce a trasportarli per distanze molto ampie, mentre depositate nel suolo sono in grado di contaminare le falde acquifere. Proprio per questi motivi il loro impatto ambientale è molto rilevante. 

Pericolosi anche per l’uomo

Molti studi hanno dimostrato la pericolosità dei PFAS per la salute dell’uomo. Queste sostanze sono, infatti, interferenti con il sistema endocrino perché alternano i processi ormonali dell’organismo. Possono anche essere responsabili di alcune malattie della tiroide, del metabolismo come obesità o diabete di tipo 2, tumore ai reni o ai testicoli, e ipertensione. Gli effetti non sono immediati ma possono sorgere nel tempo.

Dove troviamo i PFAS?

I PFAS sono presenti in moltissimi prodotti o attività che quotidianamente svolgiamo, vediamo alcuni esempi:

  • il settore agricolo è fortemente colpito da queste sostanze perfluoroalchiliche perché utilizza l’acqua proveniente dalle falde acquifere per l’irrigazione delle coltivazioni. Molti prodotti chimici usati come fertilizzanti ne contengono;
  • contiene PFAS il packaging che viene utilizzato per il trasporto di cibo usa e getta, tipico dei fast food, e per la vendita di prodotti alimentari; 
  • i PFAS si trovano in molti prodotti tessili come ad esempio nei tappeti, nella pelle e nei tessuti impermeabili; 
  • si trovano anche nei prodotti per la casa come vernici, cere per pavimenti e prodotti per la pulizia quotidiana; sono presenti delle tracce nei prodotti per l’igiene personale come saponi, lacche, schiume da barba, trucchi e deodoranti; 
  • e infine, in pentole e padelle antiaderenti perché sono presenti nel Teflon che conferisce l’antiaderenza. 

Il caso del Veneto

In Veneto si parla di PFAS già da anni, grazie ad alcune ricerche approfondite sui potenziali inquinanti emergenti nei bacini fluviali italiani, da parte del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e del Ministero dell’ambiente. Dalle ricerche è risultato che la Regione Veneto è fortemente colpita da queste sostanze in seguito ad un caso avvenuto a Trissino, in provincia di Vicenza. L’industria Miteni, ex società chimica italiana, è stata la responsabile del 97% dei 5kg di PFAS che sono stati versati nelle acque del bacino Agno-Fratta-Gorzone che si collegano agli acquedotti di circa 30 comuni; in aggiunta sono stati contaminati anche molti pozzi privati che sono utilizzati per l’irrigazione di diverse colture.

Provvedimenti dell’Unione Europea

Nel 2013, quando scoppiò il caso non esistevano limiti di legge per questo tipo di sostanze nell’acqua potabile, né in Italia né in Europa, né da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). A causa, quindi, dell’alta concentrazione di PFAS nell’acqua, le autorità competenti hanno iniziato ad intervenire, provvedendo ad installare dei filtri speciali negli impianti di trattamento delle acque. Inoltre, si è iniziato a progettare degli acquedotti emergenziali per prelevare l’acqua destinata alle case da fonti non inquinate. Il nuovo impianto in costruzione collegherà per un tratto di 22 km i comuni di Ponso (Padova), Montagnana (Padova) e Pojana Maggiore (Vicenza). Nel 2019 l’Unione Europea ha anche emanato un regolamento che limita l’uso di PFOS e in futuro probabilmente includerà anche il PFOA. Di entrambi si dovrebbe eliminare la produzione come già previsto dalla Convenzione di Stoccolma del 2004, ma che l’Italia non ha ancora ratificato.

A gennaio 2021, l’Unione Europea ha provveduto inoltre ad attuare una direttiva sull’acqua potabile, che dovrà essere adottata come legge da parte degli Stati membri entro due anni. La direttiva prevede che nell’acqua potabile potranno essere presenti al massimo 0,5 microgrammi per litro di PFAS, oppure 0,1 microgrammi per litro di una selezione di PFAS. Al momento, viste queste problematiche, bere l’acqua in bottiglia è la preferenza della maggior parte dei cittadini.

La contaminazione delle acque è stata così invasiva che tutt’ora il problema è presente e continuerà negli anni. L’inquinamento da PFAS è un tema importante perché essendo sostanze che vengono impiegate per la realizzazione di molti prodotti che utilizziamo dalla cucina, agli indumenti, ai cosmetici e ai farmaci è complesso vietarli completamente. Speriamo in futuro siano proposte maggiormente delle alternative proiettate verso la sostenibilità per aggredire sempre meno il nostro Pianeta e noi stessi.