Si sa, moda è sinonimo di avanguardia, implica l’essere costantemente “up with the times”. L’aggiornamento costante dei capi si traduce però in inquinamento maggiore, spreco costante e, spesso, in produzioni non attente dal punto di vista etico. Sempre più numerosi infatti i fashion brands che si approcciano al mondo green; tra loro anche i giganti del fast fashion che finalmente sembrano convertirsi al sostenibile.
Riusciranno davvero a vendere al loro pubblico rispettando l’ambiente?
Pimkie re-love il second-hand
Pimkie, il noto brand francese, sembra intento a frenare la sua corsa alla produzione di capi d’abbigliamento, una galoppata davvero troppo difilata. E decide di farlo adottando la filosofia del recycling e, in particolare, uno dei suoi pilastri: la second-hand economy. Tuttavia, come di norma nel fashion market globale, ciò che conta è distinguersi, lasciare il segno. E qui Pimkie subito diventa sinonimo di originalità: infatti, il brand debutterà nel campo del second hand con Re Love, un’iniziativa che prevede la vendita dei capi… al chilo! Il progetto è sbarcato in primo luogo a Parigi, il cuore del mondo della moda, seguita da Lione, Bordeaux e Rouen, ed è stato aperto al pubblico a partire dallo scorso 19 maggio.
L’offerta prevede la vendita di second hand clothes firmati Pimkie e altri marchi internazionali. Si parte da una soglia minima di 30€ al chilo per collezioni primavera/estate e di 20€ al chilo per collezioni autunno/inverno.
Direzione “aesth-ethical” shopping
Pimkie punta, quindi, in primis a convertire i consumatori ad una moda “aesth-ethical”, più sostenibile, meno impattante sull’ambiente e, diciamoci la verità, nel caso del second-hand anche sul portafogli! In aggiunta, Re Love potrebbe rivelarsi economicamente vantaggioso per il brand stesso, aumentando l’afflusso di vendite, che negli ultimi tempi ha subito un lieve calo (complice sicuramente il Covid-19).
Il mercato del second hand è in continua crescita, e Pimkie ne è la prova!